Nelle sale dal: 28/09/2012
Voto: 6
Recensione di: Stefano Priori
L’aggettivo ideale: Esordiente
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Forse dopo aver visto milioni di film sul nazismo, appare scontato sentirne parlare ancora oggi, come di un luogo nascosto, dove scoprire retroscena contorti.
Tanto che la domanda che mi è nata è proprio questa: “Perché costruire attorno alla figura di un gerarca nazista, un film ? Non è che il gioco tra paura e terrore, più che il desiderio di libertà, che non traspare nel film, è troppo scontato e non convincente ?
Se non fosse per la figura che Helianos incarna in un lento divenire, nel rapporto di sottomissione, ma di sincera devozione verso il maggiore nazista, tanto da enunciare lui infine umanamente, la tesi che gli costerà la vita, ovvero: “Cosa ci fa Maggiore, il potere nelle mani di due uomini, il Duce e il Furher ?”
Se non fosse diciamo per questo epilogo finale, trito e ritrito, il film in fondo non avrebbe un gran senso. Tutto infatti sembra, fin dalla prima scena, quella di gioco dei bambini, ingranare a fatica, con il racconto di Leda che appare forzato e anche inverosimile nelle movenze.
Col passare poi subito all’arrivo dei nazisti in casa Helianos.
Tutti gli attori inizialmente sembrano rimarcare stereotipi nella gestualità del loro personaggio, insomma non sembrano convincenti. Anche Laura Morante, sembra irriconoscibile nei primi 20 minuti del film. Poi pian piano il film si assesta su un suo piano strutturale.( Sembra sia accaduto qualcosa, a portare il film fuori rotta all’inizio). Le situazioni ripetitive alquanto noiose, scorrono però, in “questo aspettare” il Maggiore e la sua “imprevedibilità”. Mostrare il carattere nazista non è cosa semplice, e a noi non sembra superfluo, il regista è riuscito a costruire il personaggio ma non è andato oltre.
Questo aspetto di terrore del nazista che si è voluto enunciare come dato di partenza, è un dato scontato, davvero troppo scontato, bisognava osare di più. Resta da chiedersi proprio perché non si sia voluto osare di più.
Sia a partire dalla sceneggiatura, che nell’uso della macchina da presa. Il costante e continuo movimento della macchina da presa, con piccole correzioni, non aiuta a percepire una visione autoriale del film, ma ne banalizza il punto di vista estetico.
La direzione della fotografia pecca diverse volte nelle alte luci troppo bucate all’inizio del film. Mentre negli interni , la stessa fotografia ha invece una qualità di alto livello, che non fa comprendere il perché di questa divergenza così accentuata.
Un film opera prima composto bene, ma con molte lacune.