Nelle sale dal: 03/09/2010
Voto: 7,5
Recensione di: Stefano Priori
L’aggettivo ideale: Essenziale
“Somewhere”, di Sofia Coppola è un film certamente d’alto livello. L’autrice, affronta un tema della società odierna “la noia, e il vuoto esistenziale”, e lo fa rappresentandolo attraverso un divo del cinema.
Jhonny vive solo, in un piccolo appartamento di un hotel di Los Angeles. Il film apre con le immagini di due gemelle bionde che ballano ai bordi del suo letto, la lap dance. Immagini che dichiarano la condizione di una solitudine avanzata, com’è quella del successo. In realtà, quello che accade nello svolgimento del film, non importa, perché è oltremodo retorico.
Il limite del film è nella scelta della rappresentazione scenica, notevolmente scontata, il successo come prototipo e veicolo del film.
Eppure la capacità di delineare la noia del personaggio con la macchina da presa, dettandone i tempi, da parte di Sofia Coppola è davvero di alto livello. L’insistenza della macchina da presa, nell’osare tempi lunghi nelle scene,“per significare” l’immagine, premia “Somewhere” e l’autrice del film. La scena della bottiglia di birra, bevuta a piccoli sorsi, o quella della maschera per gli effetti speciali, dove il protagonista resta solo, respirando a fatica dalle narici, sono fortemente realistiche e intrise di una solitudine come in trasparenza.
La scelta stilistica troppo ovvia dell’autrice, non è limite accettabile dal punto di vista critico, ma è superata dall’uso del ritmo “interiore” dell’immagine. Il rapporto con la figlia Clio, segna un cambiamento decisivo nella relazione affettiva del protagonista, ma appare a tratti forzato. Nei rapporti famigliari privi di identità, spesso i figli sono la punta di un conflitto che sancisce la disfatta dell’intero sistema.
A noi in fondo, basta quel poco che Sofia Coppola ci propone come “significante”, con chiarezza e in modo esplicito, naturale.
Il film esagera nel proporre i “luoghi comuni” attribuibili al successo, Ferrari, belle donne e il fascino irresistibile del divo, mettendo anche i dadi da poker, il massaggiatore, l’elicottero.
Avremmo potuto farne a meno…..ma non importa.
Resta una domanda, che accomuna la nostra vita a quella del protagonista. Come riempire la solitudine, la noia della routine. C’è un misto di dubbia felicità, infelicità, che tocca molto da vicino. Come non avessimo modo di capire più, chi siamo e cosa vogliamo, ciò che la noia determina.
Sofia decide che il suo personaggio, lasci tutto
per cercare qualcosa “Somewhere”, da qualche parte.
Un finale, ideato per concludere il film in qualche modo. Indubbiamente scontato, troppo facile e banale. Il giovane ricco, nel Vangelo chiede a Gesù cosa deve fare, per avere la vita eterna, (la speranza) e Gesù risponde: “Vendi tutto, dallo ai poveri e seguimi”. Il giovane ricco se ne và triste, con molte ricchezze, o povertà, nel cuore.
Risulta troppo facile andare “da qualche parte” nella speranza di poter cambiare la sola esteriorità.
Somewhere, in fondo non esiste, senza una decisione introspettiva, che manca al protagonista. La noia è un dramma che diviene stereotipo, da cui non è cosi facile liberarsi. Buona la fotografia, molto curata negli interni.
Buone le scelte prospettiche della macchina da presa, non sempre di altissimo livello, discutibile l’uso di obiettivi spinti.
Il film di Sofia Coppola ricorda per certi versi, i silenzi di “Professione Reporter” di Michelangelo Antonioni.